La mia storia su Corigliano Calabro per la Fotografia

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21 Maggio 2020
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Mario Greco è un fotografo calabrese. Nasce a Castagna di Carlopoli  il 1954. Nei primi anni ’70 studia a Catanzaro dove scopre la “magia” della fotografia. Successivamente si trasferisce in Piemonte. A Torino incontra altri giovani appassionati e frequenta vari corsi. I primi servizi fotografici li realizzò a Rivarolo Canavese, dove un vecchio fotografo lo istruì e gli fece fare un tirocinio sotto la sua sapiente guida.

Lì vive una folta comunità meridionale che gli dà fiducia per immortalare i loro matrimoni e da allora comincia a vivere di fotografia. Lo nota un giornalista che collabora con alcune riviste musicali, la proposta è allettante, seguire i cantanti e i gruppi più in voga in quegli anni, nei grandi concerti in giro per l’Europa, fotografare Bob Dylan, Peter Gabriel, Santana, Genesis, Pink Floid e altri gruppi pop.

Era una cosa da non perdere e vedere poi i propri lavori pubblicati su Ciao 2001 o i poster in vendita nelle edicole lo riempiva di orgoglio. Dopo otto anni di Piemonte, complice la nostalgia della sua gente, il mare e la Sila, ritorna a Carlopoli, collabora con l’ufficio stampa della Regione Calabria, si sposa con Gianna, aprono uno studio fotografico che ha come primaria attività la foto di cerimonia e con la sua Hasselblad  entra nelle case di tutte le categorie sociali. I matrimoni , “più di mille”, gli permetteranno di migliorarsi ancora, di conoscere tante persone e tanti luoghi. Se solo volesse potrebbe scrivere un trattato di antropologia della festa nuziale.

Mario Greco ama la fotografia anche oltre il suo lavoro e nei momenti liberi ritorna indietro nel tempo, alla ricerca di quelle scene, di quei personaggi che aveva visto da bambino. Tutto è iniziato dall’aratro, dai buoi e dagli asini, tutto ha origine da quella solitudine che spesso ha caratterizzato il lavoro nella terra e nel bosco. Da questa infinita passione nasce la volontà di far conoscere una Calabria in parte sconosciuta. Le sofferenze delle  fatiche che traspariscono evidenti negli atti delle persone colte nei loro momenti lavorativi si stemperano nella bellezza evocativa della stampa, a lui non interessano immagini luccicanti del consumismo, ma la quotidianità, l’humanitas: vita, colori e ombre di una terra, bellezza e struggimento di questa Calabria.

La mostra completa si compone di 300 fotografie.  Qui ne sono presentate  solo 30. In esse è catturato il rapporto spazio-tempo. Nelle immagini si compongono empaticamente, luoghi, visi, paesaggi, persone e  lavoro. Elementi fisici e umani, rappresentativi di una storia naturale e sociale che è la nostra, di questi nostri paesi. Le attività, gli strumenti, gli attrezzi, gli abbigliamenti, i gesti sono rievocativi di un tempo che è passato e che l’osservatore rivive con identificazione. Magari interrogandosi e sollecitando una propria stessa immedesimazione riconoscendo nei personaggi e negli oggetti la personale provenienza, quella che comunemente si chiama “le proprie radici”

Mario ha organizzato diverse mostre per far conoscere non solo i luoghi della Calabria, ma soprattutto la sua gente. Il reportage sugli ultimi carbonai di Serra San Bruno è diventato una fotogallery ancora presente sul sito del quotidiano Repubblica.it

Da cinque anni espone le sue foto durante la Settimana Della Cultura Calabrese dove tra i tanti estimatori anche il direttore della sede Rai della Calabria che ha definito “alvariane” le sue foto.

Nell’ultimo anno ha realizzato il volume fotografico “Calabria storie di uomini e di terre” edito da Editoriale Progetto 2000 di Demetrio Guzzardi.

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